La prevenzione del tumore al seno si basa su un insieme di regole e indicazioni che hanno come scopo la riduzione della mortalità dovuta a questa malattia; grazie a una diagnosi precoce, è possibile identificare il tumore nelle prime fasi della sua esistenza, in modo da applicare le cure oggi possibili e aumentare la percentuale di guarigione. Secondo uno studio dell'Organizzazione Mondiale della sanità (World Health Organization, WHO), relativo agli anni 2000-2001, al mondo compaiono all'anno circa 10 milioni di nuovi casi di cancro invasivo e di questi il 10% è costituito dal tumore al seno, il secondo tipo di neoplasia maligna dopo il cancro al polmone. Considerando il dato relativo alla popolazione femminile (il tumore alla mammella colpisce, pur in percentuali bassissime, anche gli uomini), si scopre che il tumore al seno è il più diffuso tra tutti quelli che colpiscono le donne, intorno al 22%. Questo dato arriva al 27% se si considerano le popolazioni dei paesi più ricchi, in quanto tra i fattori di rischio troviamo l'obesità e il fumo, più diffusi nei paesi industrializzati. Come fa notare la stessa WHO, le strategie di prevenzione per il tumore al seno sono decisamente meno efficaci rispetto a quelle del tumore dell'utero (pap-test), in quanto l'esame istologico del pap-test è in grado di identificare le cellule di forme pre-tumorali e quindi risulta efficace per identificare il tumore addirittura prima che si evolva nella forma maligna. Per il tumore al seno invece, la prevenzione si basa sull'identificazione del tumore già presente, e quindi la sua efficacia è condizionata dai tempi della diagnosi e dalla sua tempestività. Per quel che riguarda la prevenzione, inoltre, le varie organizzazioni della sanità dei vari paesi e le fondazioni di ricerca danno indicazioni diverse, a volte anche contrastanti. Ecco le indicazioni principali che ogni donna dovrebbe tenere presente per costruire un piano di prevenzione personale:
Valutazione dei fattori di rischio - Si dividono in fattori non modificabili e modificabili: tra i primi vi sono l'età (l'80% dei tumori al seno colpisce donne con età superiore ai 50 anni) e la familiarità (presenza in famiglia di casi di tumore al seno). Sulla familiarità però ci sono delle discrepanze tra le indicazioni fornite: la WHO considera solo i parenti di primo grado (madre o sorella) e stima (in un rapporto del 2001) che il fattore di rischio complessivo sia intorno all'8% per donne che non hanno avuto casi familiari di tumore al seno, del 13% per chi ha avuto un caso nei parenti di primo grado e del 21% per chi ha avuto due casi. Le indicazioni della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori (LILT) invece indicano come familiarità anche i parenti di secondo grado (nonne, zie). Altri fattori di rischio sono alcuni tipi di alterazioni genetiche (in particolare le modificazioni genetiche BRCA1 e BRCA2 e la presenza del gene dell'atassia-teleangiectasia, ATM), anche se le ricerche più recenti (2002) non sono ancora in grado di chiarire la relazione tra queste mutazioni genetiche e i casi di familiarità. Tra i fattori di rischio modificabili ci sono sicuramente l'obesità (specie in età giovanile), il fumo e il periodo prolungato di fertilità (prima mestruazione precoce, menopausa tardiva, assenza di contraccezione ormonale).
Ogni donna dovrebbe conoscere i propri fattori di rischio non modificabili e ridurre o eliminare quelli modificabili (per esempio, smettere di fumare o controllare il peso corporeo).
Non è un fattore di rischio l'aborto effettuato entro il primo trimestre, come evidenziato da un documento ufficiale della WHO (Fact Sheet 240, giugno 2000), basato su numerosi studi dal 1989 al 1998.
Fattori di diminuzione del rischio (protezione dal cancro al seno)- Una gravidanza prima dei 30 anni di età è citata dalla LILT come un fattore in grado di ridurre il rischio di contrarre il tumore al seno. Uno studio recente [1] citato anche dall'associazione internazionale Susan Komen Breast Cancer Foundation indica che l'esercizio fisico, anche blando (lo studio specifica 1,3 ore alla settimana!) riduce del 20% il rischio di contrarre il tumore al seno. La LILT indica addirittura una diminuzione del 40% del rischio (probabilmente associato a un esercizio fisico maggiore e/o più intenso?). Lo studio di riferimento citato nel Journal of the National Cancer Institute [1] mette in evidenza però due aspetti: il guadagno è indipendente da altri fattori, quindi significa che è comunque presente, a prescindere dalla razza (è uno dei pochi studi che separa le statistiche per le donne di colore), dall'età, dall'indice BMI, dalla situazione ormonale (menopausa, terapia sostitutiva), dall'uso di contraccettivi orali, mentre tale guadagno si annulla nel caso di presenza di familiarità (di primo grado).
Esame di auto-palpazione - A partire dai 16-18 anni di età ogni donna dovrebbe effettuare l'auto-palpazione del seno una volta al mese, al termine del ciclo; questa semplice strategia consente di identificare noduli anomali da sottoporre a ulteriori analisi. Questo esame, benché suggerito nella letteratura medica a partire dagli anni cinquanta, si è affermato nelle campagne di prevenzione a partire dal 1990. La WHO evidenzia però che nel 2000 la percentuale di donne che la effettua è limitata (da un 30% nei paesi più sviluppati, come gli USA, a un minimo 10% o ancora meno nell'est asiatico).
Non basta effettuare l'analisi, ma occorre farlo in modo corretto (in due posizioni, sia in piedi sia sdraiate, secondo le indicazioni ampiamente standardizzate). La WHO indica infatti che alcuni studi suggerirebbero un'efficacia limitata dell'auto-palpazione, se condotta in modo non completo. Uno studio cinese citato dalla WHO avrebbe addirittura dimostrato l'inefficacia di tale metodo. La discrepanza di tali studi è però legata ai differenti campioni di donne (variano molto da paese a paese) e all'impossibilità di avere un riscontro oggettivo dell'accuratezza dell'esame. Pertanto risulta fondamentale praticare questa indagine in modo corretto, anche con l'aiuto di un controllo periodico di un medico specialista (ginecologo o senologo).
Esami clinici - I principali esami clinici sono: l'ecografia e la mammografia. La più evidente discrepanza tra le istruzioni di prevenzione fornite dai vari organismi che si occupano dell'argomento riguarda la frequenza con cui effettuare questi controlli. Sono due esami complementari, nel senso che danno indicazioni diverse: l'ecografia evidenzia noduli solidi o liquidi (cisti) e permette di controllare i linfonodi, mentre lo scopo della mammografia è evidenziare le microcalcificazioni, primo indizio possibile di un tumore (anche se esistono microcalcificazioni benigne). La WHO dà indicazioni leggermente diverse rispetto a quelle che comunemente si trovano nelle campagne di prevenzione italiane e sulla stampa. In particolare, la WHO indica come frequenza ottimale per massimizzare i benefici, un controllo ogni due-tre anni, specificando che esiste un'efficacia limitata di prevenzione nella fascia di età tra i 40 e i 49 anni, mentre risulta importante (fino a una riduzione del 70% della mortalità) nella fascia d'età tra i 50 e i 59 anni. Uno studio citato dalle indicazioni del WHO per la prevenzione (Shapiro, 1997) ha indicato una bassa capacità della mammografia di rilevare i tumori prima dei 50 anni, mentre uno studio canadese del 2000 (Miller et al.) ha addirittura affermato che la mammografia non ha aggiunto alcun vantaggio alla diagnosi precoce. Le indicazioni della LILT sono invece quelle di effettuare una mammografia ogni anno, a partire dai 40 anni di età. La WHO evidenzia però come possibile rischio indotto l'esposizione alle radiazioni della mammografia, specialmente in alcune popolazioni a rischio (donne già esposte a radiazioni per motivi terapeutici o a esplosioni radioattive). Inoltre sottolinea, paradossalmente, che l'efficacia del riscontro diagnostico della mammografia risulta più basso per le donne considerate a rischio per familiarità o alterazioni genetiche. Un esame poco utilizzato è la Risonanza Magnetica (RMI), anche se alcuni studi preliminari sembrano aver messo in luce una maggior capacità di evidenziare i tumori rispetto alla mammografia. Tuttavia tali ricerche sono condotte su un numero troppo limitato di donne e non citano le ricadute degli effetti dell'uso della risonanza magnetica sugli indici di mortalità.
In caso di riscontro dubbio dell'ecografia e della mammografia, si può procedere a un prelievo del tessuto con un ago apposito (sotto la guida eventualmente dell'ecografo nel caso in cui il nodulo non sia palpabile e identificabile al tatto) e al successivo esame citologico, cioè l'indagine al microscopio per identificare il tipo di cellule.
Da notare che nel caso di ecografia e mammografia, risulta fondamentale rivolgersi a personale preparato e competente, non solo per evitare di trascurare indizi importanti ai fini di una diagnosi il più possibile precoce, ma anche per evitare che il medico prescriva ulteriori indagini inutili e invasive per ovviare alla mancanza di esperienza nella capacità di interpretare le immagini mediche.
Fonte: Albanesi.it