Elenco delle 10 cose che un malato di cancro non vorrebbe sentirsi dire
Ecco le 10 frasi da non pronunciare mai davanti ad un malato di cancro, secondo Deborah Orr:
“Non sai quanto mi dispiace per te”, frase davvero mortificante, perché: “ti fa sentire oggetto di pietà e compassione, non è esattamente una bella sensazione ascoltarla”
“Se c’è qualcuno che può combattere questa malattia, sei proprio tu!”, anche questo tipo di espressione sarebbe da bandire, perché: “sottintende che solo chi ha un carattere di ferro può farcela, non è di grande conforto, specie se in quel momento ti senti fragile e demoralizzato, come è possibile o normale che sia”, spiega la Orr
“Ti trovo proprio bene”, frase che suona falsa e inutile
“Hai un pessimo aspetto”, fa da contraltare all’ipocrisia della precedente, ed è davvero crudele nella sua sincerità: “Un malato non ha certo bisogno di ricevere una conferma del proprio stato”, commenta la Orr
“Fammi sapere i risultati degli esami“, terribile gaffe! Nessun malato ha voglia di pubblicizzare l’andamento del proprio tumore, semmai, si dovrebbe aspettare che fosse la persona, se vuole, a renderne partecipe l’altro
“Qualunque cosa io possa fare per aiutarti, sono a tua disposizione”, una frase che fa letteralmente cadere le braccia. Se si vuole davvero aiutare un malato di cancro si deve prendere l’iniziativa direttamente, come fare da baby sitter per i bambini, o fare qualche commissione. Essere concretamente propositivi
“Le tue preoccupazioni sono infondate”, mai dirlo, fa ipotizzare esattamente l’opposto
“Cosa si sente davvero con la chemioterapia?”, ecco un tipo di curiosità fuori luogo da risparmiarsi
“Ho davvero bisogno di vederti”, frase poco opportuna, perché, come spiega la Orr: “gli ammalati sono implicati in mille spiacevoli impegni, tra esami, analisi e medici, e non è così semplice trovare il tempo per vedere subito tutti”
“Sono terribilmente sconvolto per la tua condizione”, espressione indelicata, che non serve certo a migliorare l’umore del malato. Meglio essere positivi, senza diventare inutilmente entusiasti
Fonte: La Repubblica