Tecnica già utilizzata negli Stati Uniti
Prima di intervenire chirurgicamente per eliminare il tumore al seno si può pensare di congelarlo. È l’ipotesi - già messa in pratica - di un team di ricercatori americani di cui fanno parte anche due medici italiani.
La tecnica, usata negli ultimi 12 mesi presso lo Sloan Kettering Cancer Center di New York, prevede di portare la temperatura delle cellule tumorali a meno 20 gradi centigradi. L’acqua presente all’interno delle cellule si trasforma così in ghiaccio e poi esplode liberando gli antigeni tumorali.
Insieme ai maggiori esperti americani come Jeed D. Wolchok, specializzato nello studio del melanoma, e Larry Norton, oncologo della mammella, hanno lavorato anche gli italiani Virgilio Sacchini, chirurgo specializzato nei tumori al seno, da dieci anni a New York e proveniente dall`Istituto europeo di oncologia di Milano, ed Edi Brogi, responsabile del gabinetto di patologia allo Sloan-Kettering e docente al Weill Cornell Medical College di New York.
La tecnica sarà presentata nel corso del convegno annuale dell`American Society of Clinical Oncology che si svolgerà a Chicago alla fine di maggio.
Lo studio coinvolgerà 20 pazienti con un tumore più grande di 1,5 centimetri. Lo scopo dello studio è l’aumento della risposta immunologica dell’organismo colpito dalla presenza del tumore.
Il prof. Sacchini spiega all’Espresso: “normalmente il sistema immunitario non riconosce il tumore. Oppure ha una reazione debole perché gli antigeni tumorali, ovvero le proteine del tumore che differiscono dalle proteine normalmente presenti nella cellula,sono per cosi dire protetti all`interno della cellula tumorale stessa e nascosti al sistema immunitario”.
Il sistema ideato dai ricercatori dello Sloan Kettering si è affidato alla crioablazione per risvegliare le cellule antitumorali. Le prime sperimentazioni sono state effettuate su modello murino, su alcuni topi affetti da tumore alla prostata. Si è subito verificata una risposta notevole da parte dell’organismo dei topolini dopo il raffreddamento.
I ricercatori hanno infatti registrato una riattivazione degli antigeni tumorali, anche in sede metastatica. Sulla base di questi risultati, i medici hanno deciso di applicare la tecnica anche sulle donne, le quali hanno seguito un percorso terapeutico ben preciso.
Nella prima fase ambulatoriale, le donne hanno subito la crioablazione del tumore. Dopo una settimana, i medici hanno provveduto a rimuovere chirurgicamente la neoplasia. Insieme alla crioablazione, però, i medici hanno anche somministrato una dose di ipilumab, un farmaco utilizzato finora per il trattamento dei melanomi. Il medicinale agisce inibendo la molecola CTLA4/B7, in grado di impedire ai linfociti T di reagire contro il tumore. Ipilumab ha accelerato la produzione degli antigeni tumorali. Il trattamento si è rivelato talmente efficace da rendere inutile l’eventuale adozione della chemioterapia in una fase successiva.
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Andrea Sperelli
27/05/2013