Un vaccino sperimentale ha dato ottimi risultati contro il tumore al seno. Un gruppo di scienziati americani lo ha testato su topi da laboratorio, ai quali la sostanza ha impedito di sviluppare la neoplasia.
La scoperta è apparsa su Nature Medicine, sulle cui pagine i ricercatori hanno affermato di voler partire con la sperimentazione umana, anche se sono consapevoli che per arrivare a un vaccino ci vorrà ancora del tempo.
Il coordinatore della ricerca, Vincent Tuohy del Cleveland Clinic Learner Research Institute, spiega: “noi pensiamo che questo vaccino sarà usato un giorno per prevenire il cancro al seno nelle donne adulte nello stesso modo con cui i vaccini oggi prevengono molte malattie dell'infanzia. Se funziona negli esseri umani come ha funzionato nei topi, sarà un progresso monumentale. Potremmo eliminare il tumore al seno”.
Durante la sperimentazione, un gruppo di un gruppo di topi modificati geneticamente per sviluppare il cancro al seno è stato diviso in due; alcuni sono stati vaccinati con una sostanza che conteneva a-lactalbumina e gli altri con un vaccino che non conteneva l'antigene. Fra i topi a cui era stata somministrata l'a-lactabulmina, nessuno ha sviluppato il cancro, mentre tutti gli altri si sono ammalati. Sulla base di tali risultati, i ricercatori hanno subito avviato le procedure per una sperimentazione su umani.
Un'altra ricerca ha raggiunto risultati interessanti per altri versi e fatto una scoperta che “potrebbe salvare migliaia di vite ogni anno”. È ciò che affermano i ricercatori che hanno svelato i meccanismi alla base della resistenza ai farmaci nel caso di tumore al seno.
La scoperta si deve a un'équipe del Dana Farber Institute di Boston, negli Stati Uniti, i cui ricercatori, anche in questo caso, hanno pubblicato i risultati dello studio sulla rivista Nature Medicine.
Individuando i geni responsabili della farmaco-resistenza, si può comprendere in anticipo la reale efficacia o meno della chemioterapia e intervenire di conseguenza con maggior tempestività nella terapia, modificandola secondo le esigenze che si presentano di volta in volta.
La ricerca americana ha preso in esame una serie di farmaci che combattono il cancro al seno e che prendono il nome di antracicline, sostanze adiuvanti per la terapia che si rende necessaria a seguito dell'intervento chirurgico, allo scopo di scongiurare la ricomparsa della neoplasia.
Farmaci come la doxurubicina, la daunorubicina e l'epirubicina sono molto utilizzati nel trattamento dei tumori al seno. I ricercatori statunitensi hanno analizzato campioni di tumore prelevati da 85 donne, cercando le caratteristiche utili a spiegare la differenza di efficacia del trattamento a seconda dei soggetti.
Gli scienziati si sono resi conto che in un caso su cinque, due geni presentavano un'iperattività che consentiva al cancro di opporre resistenza alla chemioterapia. Le donne a cui erano riconducibili tali campioni erano le stesse sulle quali il trattamento si era rivelato inefficace, con la conseguente comparsa di recidive e nuove metastasi.
Sull'evoluzione della ricerca e la messa a punto di un test da utilizzare per riuscire a predire l'efficacia del trattamento farmacologico, il coordinatore della ricerca, Andrew Richardson, si è mostrato abbastanza fiducioso: “questi risultati suggeriscono che i tumori resistenti alle antracicline possono ancora essere sensibili ad altri agenti. Per questo un test su questi geni sarebbe molto utile per definire la terapia più efficace per queste pazienti. Un kit per questo tipo di test genetici non dovrebbe essere difficile da sviluppare e potrebbe essere sperimentato sulle pazienti in meno di un anno”.
Fonte: Italiasalute.it